Piante contro muri

 

Piante contro muri

Il compito dellDurere piante riveste in architettura un ruolo rilevante, e specie negli ultimi anni la consapevolezza della necessità di salvaguardare maggiormente l’ambiente, le ha portate ad essere parte integrante di molti progetti, diventando talvolta l’elemento dominante.

Abbiamo però ancora tanta strada da percorrere: ad esempio quando ci capita di trovarci ad ammirare fermi nel traffico, le aiuole dove esili fili di erba sopravvivono agli scarichi delle automobili e cercano un varco tra vari tipologie di immondizie. Aiuole larghe talvolta pochi centimetri che ricordano tanto gli “oggetti di tristezza”. (cit. Vinicius du Marones, Ruggito del coniglio, Radio2)

Ai tempi dell’università , in una lezione di progettazione urbanistica, si parlava di muri e alberi e come questi ultimi avessero il compito di mascherare le brutture costruite e pensate dai progettisti (ma spesso anche da noi allora studenti). Si rappresentavano filari di piante lungo viali pedonali a separare il traffico veicolare dalle parti abitative. O si riempivano spazi che altrimenti rimanevano vuoti, bianchi (si disegnava ancora sulla carta). Ad un certo punto il dibattito si ingarbugliò su una domanda: una pianta, sta meglio dietro o davanti ad un muro?

Ho visto recentemente un importante intervento edilizio in un contesto di bianchi muri a secco e secolari ulivi, inserito in un paesaggio così suggestivo da essere immortalato pure dal Dùrer mezzo millennio fa.

Non sono state realizzate murature in pietra come il contesto avrebbe richiesto, ma in calcestruzzo, poi parzialmente coperto da esili edere ed altre piante. Temo che l’edera fatichi un po’ ad attecchire sulla liscia e dura superficie del calcestruzzo, abituata com’è a trovare varchi tra sassi e rocce alla ricerca di sostanze vitali!

Povera edera, perché investirla di un compito così importante?

Adolf Loos

campagna val di cembra

Adolf Loos nel 1913 scrisse le sue famose “Regole per costruire in montagna”. Frasi scritte giusto cento anni fa, ma sembrano scritte per…domani.

“Non costruire in modo pittoresco.

Lascia questo effetto ai monti e al sole.

L’uomo che si veste in modo pittoresco non è pittoresco, è un pagliaccio.

Il contadino non si veste in modo pittoresco.

Semplicemente lo è.”

 

Il lampadario in sala macine

lampadario molin de portegnachNella sala macine del Molin de Portegnach c’è un lampadario che non passa mai inosservato. Per qualcuno è un bel oggetto d’arredo, per altri una piovra appesa al soffitto. La scelta di questo lampadario per la sala di rappresentanza del centro culturale, si rifà a quel immaginario che ogni persona accumula associando ad emozioni e situazioni, immagini, suoni, odori, percezioni. Siamo quello che siamo stati e quel che abbiamo vissuto. L’immagine di riferimento nella scelta del lampadario rimanda ad un’idea reale o costruita – e filtrata da qualche film-, con una sequenza del ballo delle debuttanti: una grande sala viennese con almeno un grande lampadario di cristalli al centro.

Modello:Turciù soffitto 36 di Catellani&Smith

Soluzioni Co-Abitative (Colantoni)

Soluzioni Co-Abitative pierluigi colantoniLui è Pierluigi Colantoni: ho acquistato l’album di debutto di questo sorprendente cantautore. Un album piacevole, amabile, che racconta in 11 brani la costruzione di una vita di coppia con dei bei spunti di riflessione ed una buona dose di ironia. Non poteva mancare tra scaffali dell’Ikea, nozze e convivenza, la figura dell’architetto. Non mi identifico, ma è una visione interessante!

 

L’ARCHITETTO
Ditemi chi è quell’architetto che ha detto dentro il cesso
Io consiglio del parquet
Ogni volta che mi slaccio, ci cade sempre un goccio
E lei ce l’ha con me
Poi si è offeso perchè ho detto forse è il caso
Di prevedere un bidet
Guardi che questo non è un cesso ma uno spazio di gran lusso
Per me!
Ditemi chi è quell’architetto che ha architettato tutto per
fottermi
Ditemi dov’è quel maledetto lo cerco dappertutto
Poi con il suo tono “gnè gnè” ha detto questo ambiente
è davvero demodè
Io qui ci vedo una cucina tutta quanta in muratura acciaio
e wengè
No che non potevo immaginare seimila euro un’isola centrale
Ah come potevo immaginare una cappa a forma di astronave
Ditemi chi è quell’architetto che ha architettato tutto per fottermi
Ditemi dov’è quel farabutto mi ha tolto donna e tetto
Ho troppi debiti

luoghi di lavoro: dal laboratorio di Fidia ai capannoni

Il laboratorio di Fidia (Phidia) è forse il primo esempio conosciuto di luogo per il lavoro. Fidia in questo luogo (Olimpia) realizzò la statua crisoelefantina di Zeus . Nell’immagine a sinistra (scattata a Berlino) si vede il plastico di come doveva essere questo laboratorio; una costruzione a pianta rettangolare con dimensioni tali da poter ospitare la grande statua. Un luogo dove Fidia poteva passare gran parte della giornata a lavorare ma anche dove sicuramente discuteva con committenze ed operai.il laboratorio di fidia foto architetto sergio paolazzi

I luoghi di lavoro si ritrovano poi nel corso della storia dove acquistano particolare importanza  nel corso del XIX secolo e quindi agli inizi del ‘900. Alcuni sono diventati dei monumenti dell’architettura grazie a persone del calibro di Behrens. Peter Behrens (1868-1940) con la fabbrica di turbine AEG pocentrale idroelettrica pozzolago rta ai massimi livelli  la qualità architettonica e la vivibilità di questi spazi. Una costruzione che magnificava la turbina, simbolo di un epoca che va veloce verso l’elettrificazione cambiando completamente i cicli produttivi e di vita di buona parta del mondo.

Anche in val di Cembra con la centrale elettrica di Pozzolago (1923), abbiamo un ottimo esempio di testimonianza di luogo per il lavoro, dove la struttura è pensata quasi più come una basilica che come uno spazio per contenere delle turbine. Il lavoro aveva una dignità e  i suoi spazi ne erano fedeli testimoni: ariosità, luminosità, qualità dei materiali innanzitutto.
Ora si costruiscono “capannoni” che nulla hanno a che vedere con i tre esempi sopra citati